Giovanni Miccoli: maestro e amico

La comunità di HISTORIA MAGISTRA ricorda lo storico triestino Giovanni Miccoli scomparso oggi, 28 marzo 2017, con le parole di Giuseppe Sergi.
Qui la notizia della morte dello storico triestino, noto per i suoi libri sulla storia della Chiesa, pubblicata da Il Piccolo di Trieste.

di Giuseppe Sergi

Ho avuto il privilegio di conoscere Giovanni Miccoli nei miei primi convegni, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta del Novecento. Mi apparve subito come uno studioso raffinato e coltissimo e come un docente (e un uomo) attento a cogliere tutti gli elementi positivi di un movimento studentesco che molti suoi colleghi o avversavano o trattavano con sufficienza, con distaccata ironia e, spesso, con dichiarata ostilità. Ricordo che, in una delle prime Settimane di Spoleto, una medievista di mezza età mi disse «Miccoli non può pretendere di uscire dall’isolamento se si aggira leggendo quasi teatralmente L’Unità» (e figuriamoci se a noi giovani quella poteva sembrare una prova di estremismo…). Allora era un «medievista che si occupava di chiesa» prima di scegliere la strada della storia diacronica della chiesa, in cui ha raggiunto risultati importanti riconosciuti da tutti, anche da coloro che non condividevano le sue posizioni, frutto sempre di un atteggiamento analitico e mai di pregiudizi ideologici.

Questo è un ricordo personale, scritto in preda alla tristezza e al rimpianto, e quindi mi posso permettere di ricordare che per me è stato prima un maestro e poi un amico. Era un maestro quello che, nei primi anni Ottanta, discuteva con me dell’impostazione del saggio che mi aveva affidato per l’“Annale” Einaudi su La Chiesa e il potere politico.
È stato poi un amico-guida negli anni successivi, sempre ricco di curiosità non accademiche che si esplicavano in una grande disponibilità. Non esitò a partecipare, a Torino, a un seminario di Historia Magistra quando era un’associazione studentesca e non esisteva ancora la rivista, all’inizio del nuovo secolo. Diede il suo sostegno (informandosi nel dettaglio) ai primi passi del movimento No-Tav, con atteggiamento di documentata comprensione che mantenne negli anni immediatamente successivi al 2006 e al libro Travolti dall’alta voracità, che gli avevo procurato e che lo convinceva per i suoi aspetti non-nimby e per le valutazioni politico-economiche generali (anche se mi dichiarò, poi, delusione per alcuni risvolti violenti della protesta).

Noto al grande pubblico soprattutto per il suo Francesco d’Assisi del 1991, con i suoi studi ha impresso una svolta decisiva alle nostre conoscenze sulla chiesa medievale del secolo XI, in particolare con la raccolta di saggi Chiesa gregoriana, del 1966, e con le magistrali 650 pagine dedicate nel 1974 alla Storia religiosa nel primo volume della Storia d’Italia Einaudi. Pagine assolutamente fondamentali (in grado di illuminare i progetti monarchici, non privi di risvolti opportunistici, di papa Gregorio VII) che tuttavia Miccoli giudicava imperfette, da non monumentalizzare: ciò che lo indusse a non accettare mai la proposta dell’editore di ricavarne un volume autonomo (sbagliando, a mio parere). Ma questi aspetti scientifici saranno da approfondire in sedi apposite e meno emotivamente condizionate.
Concludo invece ricordando che maestro e amico è stato ancora in periodici aggiornamenti telefonici (sempre affettuosi e istruttivi) e, prima, negli ultimi incontri di persona: all’Università di Torino nel 2009, in un seminario dedicato alla ristampa dell’opera di Giovanni Tabacco, La relazione fra i concetti di potere temporale e di potere spirituale; alla Normale di Pisa nel 2010, nel convegno Storici e religione nel medioevo italiano; all’Università di Trieste nel 2012, nel convegno Chierici e laici, poteri politici e poteri religiosi, dedicato a Ovidio Capitani. Occasioni in cui le parole pubbliche e quelle private confermavano la statura straordinaria di uno storico che sapeva essere un intellettuale dagli interessi vastissimi e dai giudizi al tempo stesso equilibrati e fuori degli schemi.