RECENSIONE: Francesca Chiarotto (a cura di), Aspettando il Sessantotto. Continuità e fratture nelle culture politiche italiane dal 1956 al 1968, Torino, Accademia University press, 2017; pagg. 411, € 28,00.

di Graziella Gaballo

Da: Quaderno di Storia Contemporanea, 64 (2018).

I contributi presenti in questo libro sono quelli che hanno dato vita, il 27 e il 28 maggio 2015, a un convegno organizzato a Torino presso la Fondazione Firpo, con il medesimo titolo del volume che ne è scaturito, e nato dalla collaborazione tra il team della rivista “Historia Magistra” e un gruppo multidisciplinare sorto in seno al Dipartimento di Studi storici dell’Università di Torino, il GRID, Gruppo di ricerca sulle idee politiche. In essi, vengono analizzati alcuni momenti e figure della vita e del dibattito politico in Italia nel dodicennio che precede l’esplosione del 1968, evidenziando, pur nella continuità delle diverse culture politiche, gli elementi di discontinuità, le incrinature, i dissensi, le eterodossie, le polemiche: tutto ciò che in qualche modo, può essere insomma considerato un dato “preparatorio” del sommovimento di fine decennio. L’“anno spartiacque” da cui partire è stato individuato nel 1956, al quale, non a caso, è stato dedicato il successivo Convegno del GRID, ancora con la collaborazione di Historia Magistra (Il 1956. Un bilancio storico e storiografico, 29-30 novembre 2016). Anno importante per la geopolitica mondiale – dagli eventi dell’Est Europa ai fatti relativi al canale di Suez – così come per la storia dei partiti comunisti occidentali, in particolare quello italiano, di cui frantumò le certezze, producendo però anche elementi di chiarezza e aprendo la ricerca di strade nuove. Ma il 1956 – come accadrà poi per il 1989 – intersecò anche le culture politiche: in seno alle “famiglie socialiste e repubblicane” fu visto come un’occasione per riequilibrare rapporti di forza provando a tessere la tela di una sinistra democratica; in campo cattolico, contribuì a preparare lo spirito del Concilio Vaticano II, che costituì una importante sponda per il cattolicesimo del dissenso.

Il percorso del libro parte da due saggi introduttivi: quello di Angelo d’Orsi, L’odore della rivoluzione, che traccia una linea generale di analisi storica, collegando il 1968 in Italia a quello di altre realtà nazionali, ma soprattutto connettendolo all’intero dodicennio precedente, e quello di Pietro Adamo, Le tentazioni dell’impolitico. Eretici, irregolari ed eterodossi nella sinistra italiana prima del ’68 che costruisce un percorso in quella che potremmo definire la “cultura del dissenso”.

Seguono quattro sezioni, ciascuna introdotta da un saggio di respiro più generale, che analizzano le principali aree politico- culturali presenti nell’Italia del Secondo dopoguerra: Le culture cattoliche; Le culture comuniste; Le culture socialiste; Le culture laiche. Nella prima, dopo un’analisi dei rapporti tra istituzioni, società, teologia e ideologia, tracciata da Nicola Antonetti, troviamo il bel saggio di Maurilio Guasco L’avventura di don Primo Mazzolari, quello di Matteo Trufelli sull’Azione cattolica e sul suo ruolo (L’Azione Cattolica tra obbedienza e dissenso) e infine il contributo di Anna Scattigno che ricostruisce Il mondo cattolico fiorentino degli anni Cinquanta e Sessanta, quello del dissenso, in cui si colloca anche colui che fu una icona del Sessantotto italiano, Don Lorenzo Milani, ucciso nel 1967 da un tumore, “mentre vedeva la luce Lettera a una professoressa, il libro forse più rivoluzionario dell’Italia del dopoguerra” (Angelo d’Orsi, pag.22). Per il mondo comunista, dopo l’approfondita introduzione generale di Alexander Höbel, Marco Albeltaro (Cultura politica, stili di vita e dimensione esistenziale. I comunisti italiani) si sofferma sulla dimensione esistenziale dei comunisti, per i quali gli effetti del 1956 furono particolarmente traumatici, come analizza Francesca Chiarotto nel suo saggio Il trauma del ’56 e i suoi effetti, mentre Daniele Stasi, in L’eretica ortodossia: Pietro Ingrao focalizza l’attenzione su Pietro Ingrao, di cui mette in evidenza anche oscillazioni e incoerenze (Ingrao fu il direttore de “l’Unità” quando il giornale approvava l’invasione di Budapest nell’autunno del ’56); Angelo d’Orsi, infine, ripercorre la vicenda delle riviste militanti legate al PCI, nelle cui pagine nacquero e si svilupparono i più stimolanti dibattiti del tempo, tra politica e cultura: Da “Rinascita” a “Quindici”. Il dibattito intellettuale dentro, intorno e fuori dal PCI. A seguire, la ricca sezione sulle culture socialiste, con la chiara sintesi iniziale di Tommaso Nencioni e gli approfondimenti di Mariamargherita Scotti sul rapporto complesso e via via sempre più dialettico di intellettuali, editori e periodici con il Partito socialista (Il paradosso dell’autonomia. Traiettorie di intellettuali nel PSI tra anni Cinquanta e Sessanta) e di Marco Scavino sulla figura di Raniero Panzieri (Raniero Panzieri, i “Quaderni rossi” e gli “eredi”). Luca Bufarale e Andrea Ricciardi tracciano invece rispettivamente un profilo di Riccardo Lombardi (Riccardo Lombardi da fautore a critico del centro-sinistra) e di Vittorio Foa (Vittorio Foa e la ricerca del socialismo “dal basso”.1956-1968), mentre il testo di Maurizio Pagano incentra la sua analisi su tre figure di intellettuali particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Guido Calogero e Norberto Bobbio (L’eredità del liberalsocialismo: la posizione etico-politica di Guido Calogero e il confronto con Norberto Bobbio e Aldo Capitini).

Chiude il percorso, e il volume, la galassia delle “culture laiche” analizzate attraverso l’esperienza di riviste che a esse fecero riferimento: al saggio introduttivo di Paolo Soddu seguono le messe a fuoco di Andrea Becherucci sull’esperienza de “Il Ponte” dopo Calamandrei, di Daniele Pipitone su L’Astrolabio di Parri e Rossi. Un modello di impegno politico tra tradizione e innovazione (1963-1967), di Cesare Panizza sulla testata “Tempo Presente” e le figure di Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone (“Tempo presente”, Nicola Chiaromonte, Ignazio Silone e l’Italia) e infine quelle di Elena Savino su “Il Mondo”, il Partito radicale e la democrazia in cammino. Fu questa, infatti, una felice stagione delle riviste nella storia intellettuale dell’Italia, la quarta, sostiene Angelo d’Orsi, “dopo la prima del 1896-1915, fiorentina; quella torinese del 1918-1926; quella nazionale, soprattutto sull’asse Milano-Firenze-Roma, del 1943-1948” (pag.11).

 

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